Autore: Nicoletta Gosio
Editore: Pendragon (2012)
Perché leggere il libro? (di Chiara Giudici)
Libro impegnativo. Una lettura su ciò che ci sta accadendo, sul cambiamento della società in rapporto al cambiamento dei singoli: «… ci stiamo abituando a una pseudonormalità, alla “normopatia” di individui che modellano la vita sull’esteriorità, su un adattamento formale e finto che protegge da ogni presa di coscienza di vissuti affettivi. (…) separati in casa, mente e mondo reggono la compatibilità e l’unione sulla convenienza reciproca nella gestione materiale e concreta della vita, senza coinvolgimento». Gosio osserva e tenta di spiegare un andamento generale dove coglie «la geografia di uno stato senza confini e senza capitale, di una mente che non riesce a chiedersi chi sono e cosa voglio, di un vivere laterale», un senso di sé smorzato, un vivere emotivamente sottotono, dove la velocità è alleata per eccellenza del non sentire, dell’evitare il conflitto. Ma «se non sentiamo non pensiamo» perché non sviluppiamo la capacità di rappresentazione, che nasce dal tenere dentro ciò che non è più presente. Opporsi alla perdita è opporsi al desiderio, che nasce dal dolore della perdita e senza il quale non proviamo nulla. Gosio analizza i meccanismi difensivi della psiche alla luce del cambiamento di paradigma, all’insegna di «strumenti divenuti indispensabili che svolgono una funzione protettiva e protesica», della proliferazione dello stress a fronte di una vita dove la capacità di tollerare la fatica e la tensione è fortemente diminuita proprio a causa della mancanza di relazionalità. Ne segue le origini in una genitorialità iper-empatica che mette il bambino al centro del creato, per soddisfare le proprie mancanze passate, impedendo di fatto il suo sviluppo e la sua crescita, che non può avvenire senza la frustrazione e il contrasto con un genitore, che non è amico o suo pari, producendo un uomo che non può operare la distinzione tra sé e l’Altro. Gosio si sofferma sulla deriva della sessualità nelle sue sfaccettature dove l’Eros è «totalmente ignaro della dualità». Il prodotto è «una solitudine di massa», dove i singoli non si riconoscono più nel proprio lavoro, nei propri legami, negli altri, in se stessi e tentano di andare via costruendo versioni apparenti di sé, dove non resta «nulla di personale».
Quarto di copertina: Nell’epoca della globalizzazione, dell’individualismo e dei socia network, nuovi disagi hanno preso il posto delle nevrosi conosciute dalla psicoanalisi tradizionale. Indifferenza, utilitarismo e aggressività caratterizzano i rapporti interpersonali e riempiono la sfera del Sé, ormai dimentico del valore della relazione. In bilico sul vuoto, viviamo una crisi dei legami che si riflette nel mondo interno fino a compromettere la costruzione dell’identità e alterare la percezione di noi stessi e di chi ci sta di fronte.
In questo clima generale di anestesia affettiva, dove porre il confine tra normalità e patologia? Come ridisegnare il rapporto tra l’Io e il Noi?
Un’attenta lettura di casi clinici e soprattutto di esempi tratti dalla vita quotidiana suggerisce la strada per recuperare il senso più autentico dell’incontro con l’altro. Scritto da una specialista della mente nel confronto e nell’intersezione con la prospettiva della sociologia, il testo si rivolge a chiunque riconosca i segni del nulla che ci pervade e si interroghi sul suo più profondo significato.
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