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Il cibo come nutrimento affettivo -terza parte-
Premi vs. Punizioni e Inganno

Nella prima parte dell’articolo abbiamo esplorato come il modo di vivere il preparare, l’offrire e il condividere il cibo possa essere rappresentativo dei modelli relazionali dei genitori.

Nella seconda puntata siamo entrati nel merito con esempi di ricatto emotivo e negazione del sentire.

Ora proseguiamo con altri due modelli relazionali altrettanto diffusi, uno dei quali è una declinazione del già considerato ricatto:

 

Premi vs. punizioni

Il ricatto non è solo emotivo, può essere anche concreto, legato ad una sottile lotta di potere in cui l’adulto piega la volontà del bambino per asservirla al proprio volere:

 

Se mangi la pappa ti faccio vedere i cartoni.”;

Se non finisci la minestra non ti faccio vedere i cartoni”;

Se non mangi quello che hai nel piatto vai a letto senza cena!”.

 

Si entra facilmente in sfida con i figli, anche quando sono molto piccoli, già prima dei 3 anni cominciano i comportamenti provocatori maggiormente rivolti al genitore dello stesso sesso, senza rendersi conto che di questo si tratta: ci raccontiamo che li vogliamo educare, ma la gran parte delle volte stiamo definendo chi comanda. Così il genitore messo a dura prova dalla costanza e dalla testardaggine del figlio tira fuori premi e punizioni. Tutti sappiamo ormai che funzionano più i premi delle punizioni e i genitori della nuova generazione tendono ad usare il rinforzo positivo più di quello negativo, ma pur sempre di rinforzo si tratta.

 

Cosa intendo dire? Che questi due strumenti addestrano e non educano. Addestrare significa far fare ciò che io voglio, educare significa far crescere qualcosa che è già presente nel soggetto. L’addestramento crea soldatini che applicano norme, l’educazione comporta una trasformazione del soggetto che prende le regole dall’esterno e le mette dentro, assimilandole profondamente e facendole proprie. La differenza è sostanziale.

 

 

L’inganno… o il fine giustifica i mezzi

 

Non c’è il pesce nel sugo, stai tranquillo, è solo sugo rosso!”

 

La manipolazione è uno strumento sottile, siamo così abituati ad usarla che neppure ci rendiamo conto di farlo, né tanto meno comprendiamo che così facendo addestriamo i nostri figli all’uso dello stesso strumento. Ma, come può una mamma che lavora, fa una spesa attenta e cucina in modo sano gestire anche le lamentele del figlio? Non si può pretendere la perfezione, anche gli adulti hanno dei limiti!

 

Così, sembra nascere l’esigenza di manipolare per fare meno fatica, per sottomettere l’altro alla nostra volontà, by-passando-per il suo bene- il confronto con la sua.

Ma, in questo modo il bambino non è educato ai gusti diversificati e, anche se restiamo nello stretto ambito alimentare, non conserverà l’abitudine da adulto (ad es. perché non ha sentito il gusto del pesce coperto dal sugo rosso).

Se andiamo sul versante relazionale: potrà imparare che, per ottenere un fine ritenuto “buono”, qualunque mezzo è lecito.

Sarà inoltre portato a diffidare o delle proprie percezioni o degli altri, perché è stato messo in una posizione “impossibile”: o credo a ciò che sento con il gusto o credo a ciò che dice la mamma, ma una scelta esclude l’altra.

 

Chiaramente questi effetti a lungo termine ci sono quando ripetiamo questa modalità in modo continuo e non se la utilizziamo una volta o due!

 

 

La proiezione di aspettative… l’inganno

 

Se mangi gli spinaci diventerai fortissimo!”

 

Non so se questa frase d’uso così comune veicoli maggiormente un inganno nella forma sopra espressa o non sia proprio una proiezione del genitore che vorrebbe il figlio forte, bello, intelligente, ecc…

Come nelle altre sfere, anche in ambito alimentare, passiamo implicitamente ai bambini ciò che desidereremmo per loro, suscitando comportamenti di aderenza o di ribellione.

 

Ciò significa che anche nel rapporto che il bambino ha con il cibo possono nascondersi comportamenti reattivi al genitore: pensiamo a tutta la sfera dei disturbi alimentari o immaginiamo semplicemente quando vorremmo che il nostro bambino fosse migliore di noi nell’aspetto, come nelle qualità caratteriali.

Anche le aspettative positive hanno un grande potere di condizionamento in negativo, nel senso che pongono un peso sulle spalle del bambino che sta crescendo.

In una situazione di equilibrio e salute il sentire dovrebbe indirizzare le nostre scelte. Quando il sentire del bambino entra in conflitto con ciò che il genitore desidera per lui, si genera spesso un movimento di adesione o ribellione che porta il ragazzo lontano dal piano del sentire e dentro la lotta di potere.

 

Leggi il seguito:

Il cibo come nutrimento affettivo Conclusioni

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