molte mani contatto

ImPerfette Connessioni
Racconto di un’ esperienza di terapia di gruppo

L’idea di queste righe è quella di offrire ai colleghi una riflessione post-esperienziale, dopo la co-conduzione di un gruppo di terapia centrato sul minimo stimolo e sulla dinamica relazionale.

Vista la scarsa disponibilità di contesti di lavoro gruppale, in particolare nell’area savonese in cui noi lavoriamo, abbiamo pensato di produrre questo scritto, per invitare i colleghi che lavorano solo individualmente a considerare la possibilità di proporre il gruppo terapeutico a quei pazienti per cui un lavoro simile potrebbe essere utile.

 

L’idea di base con cui abbiamo costruito l’esperienza è quella di riuscire a passare il messaggio che la realtà relazionale è fatta di connessioni imperfette e che, proprio in queste, si celi la potenzialità del cambiamento.

 

La scelta di co-condurre il gruppo è stata basata proprio sul poter creare, anche nella conduzione, quel dialogo imperfetto sul quale ci siamo proposte di lavorare.

Partiamo da due differenti formazioni, bioenergetica e gestaltica integrata e coltiviamo un comune interesse rispetto al lavoro sul trauma complesso. Abbiamo costruito negli anni un’ampia conoscenza reciproca personale e professionale, coltivando un terreno relazionale tra noi, che incarna le imperfette connessioni che ci siamo proposte di promuovere.

 

Con questa intenzione alle spalle abbiamo scelto di impostare il lavoro seguendo tre linee guida:

  • fornire una base esperienziale corporea di ascolto di Sé, minima e non troppo stimolante, legata al radicamento e al contatto con la realtà (interna e d esterna)
  • lavorare sulle dinamiche di gruppo a partire dalle percezioni sensoriali dei partecipanti rispetto a Sé e agli altri, con molto rigore rispetto all’espressione delle verbalizzazioni in modo non giudicante
  • porre il fuoco sulla potenzialità presente nella mancanza di connessione, che mette in luce il contrasto tra polarità. Riuscire ad avere coscienza di questo contrasto offre la possibilità di lavorare per allargare la finestra di tolleranza, famigliarizzando con la polarità meno esplorata.

 

 

Gli incontri sono stati 5, bimestrali , della durata di 3 ore tranne quello conclusivo, di 5 ore.

Alle regole classiche di conduzione gruppale abbiamo aggiunto un ascolto per i tempi del corpo, inserendo uno spazio per pause che consentissero la cura di bisogni primari.

 

La scelta degli 8 pazienti è avvenuta con attenzione, valutando lo stato della terapia, i bisogni e le possibilità delle diverse persone. Quattro persone sono entrate a terapia personale conclusa, una delle quali arrivata da un invio di colleghi; tre a terapia in corso e una in una fase abbastanza iniziale della terapia personale. Il gruppo era eterogeneo per età e sesso.

 

La cura e l’attenzione per la comunicazione nell’Hic et Nunc ha prodotto, dal primo al quinto incontro, la creazione di un lento processo di intimità, senza che le persone sentissero l’esigenza di condividere racconti rispetto alla loro vita personale fuori dal gruppo. Le brevi esperienze corporee hanno dato sufficienti spunti per l’avvio delle dinamiche tra i membri.

Abbiamo attraversato diverse polarità nel lavoro: vuoto-pieno; interno-esterno; maschile-femminile; prepotenza-remissività; coraggio-vergogna; essere visto- non essere visto; comodità-scomodità; silenzio- verbosità.

Lentamente si è creata la possibilità di un contatto onesto tra i membri con la disponibilità a rendere esplicito il sentire corporeo, cercando di mettere a fuoco le connessioni con quello emotivo e con i relativi pensieri.

Le tematiche che abbiamo sviluppato maggiormente sono state l’aggressività e l’intimità, la sessualità è rimasta maggiormente sullo sfondo, anche se ha fatto da attivatore delle prime due.

Alcuni membri si sono trovati a rivivere le dinamiche in cui sono immersi nel mondo esterno e hanno scoperto con stupore come, l’accettazione del loro essere fragili e imperfetti da parte del gruppo, abbia contribuito a disattivare il ripetersi di alcuni meccanismi.

Nell’ultimo incontro tutti i membri hanno riportato con sorpresa di sentire il gruppo come un UNO, nonostante sapessero poco o niente gli uni degli altri.

 

L’aspetto che più ci ha colpite di questa esperienza è stato osservare l’evoluzione nella terapia personale dei pazienti che avevamo ancora in carico, con particolare riferimento a quelli con base traumatica. Ci siamo rese conto di quanto, per questa tipologia di utenti, un gruppo che abbia cura di lavorare col principio del minimo stimolo, possa essere prezioso, perché fornisce loro la presentificazione dell’incomunicabilità tra le parti interne. Facendo esperienza diretta nel gruppo del dialogo tra parti, con la dovuta restituzione dei terapeuti, si crea una traccia, un supporto al lavoro interno di reintegrazione di parti dissociate, dall’interpersonale all’intrapsichico, che il paziente con base traumatica ha bisogno di recuperare.

Paradossalmente queste persone, che nel gruppo erano la metà, si sono nutrite maggiormente dell’esperienza, con risultati sorprendentemente rapidi che hanno mostrato di tenere nella vita esterna al contesto terapeutico.

 

In sintesi riteniamo che proporre ad un proprio paziente l’esperienza di gruppo terapeutico permetta alla terapia individuale di aggiungere nuova linfa, spunti di realtà provenienti da Altri, estranei alla sua vita e senza interessi affettivi a riguardo, che offrono una possibilità di riscontro diretto alle dinamiche già analizzate in terapia e ne sono una conferma potente. Il paziente trova inoltre nuova accoglienza e supporto anche all’esterno, in un gruppo di pari che sostiene il lavoro della terapia individuale nel creare nuove tracce relazionali positive. Questo facilita il consolidamento e la generalizzazione degli apprendimenti avvenuti in seduta. L’empatia e il sostegno dei partecipanti mitigano molto il senso di vergogna e solitudine, aumentando così l’autoaccettazione: l’errore e l’imperfezione trovano uno spazio di accoglienza condiviso. Proprio la condivisione dell’esperienza è, a nostro avviso, l’elemento più prezioso perché sostiene il cambiamento, scongiurando il rischio di dipendenza.

 

 

Link al volantino con tempi e costi: Imperfette Connessioni Gruppo Terapeutico

Foto tratta da: https://www.phnompenhpost.com/post-weekend/teacher-and-competition-judge-miller-what-it-takes-win-photomarathon

 

Share this post

Condividi su facebook
Condividi su google
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su pinterest
Condividi su print
Condividi su email