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Dal film Joker
Riflessioni sparse su Scuola, Famiglia, Società

Alla decadenza dell’anima del singolo corrisponde quella della collettività: il film Joker apre una finestra sul dilatarsi del degrado etico, proprio della nostra epoca storica. A prescindere da quale sia stata la fonte originaria di questo processo -dall’individuo alla collettività o viceversa- sicuramente l’impoverimento culturale ha responsabilità politiche forti.

 

Desidero proporre alcune osservazioni su questo fenomeno nel nostro piccolo contesto italiano, esplorando il deterioramento della Scuola, compiutosi a tutti i livelli d’istruzione: da quella dell’obbligo all’Università. Scelgo questo ambito, tra i tanti possibili (sanità, strutture, servizi, politica) perché lo ritengo il più importante, in quanto foriero di un potenziale cambiamento.

Un tempo la Scuola era una colonna forte a cui le famiglie potevano appoggiarsi, oggi quella dell’obbligo è costretta in una posizione difensiva, mentre l’Università rispecchia il panorama politico ed è sede di piccoli baronetti, più interessati alla carriera che a formare giovani menti.

 

Un tempo la Scuola era il luogo in cui si insegnava a pensare, a porsi domande, a sviluppare la capacità critica; oggi è costretta, con l’eccezione dei docenti che si sobbarcano un’impresa donchisciottesca, a limitarsi ad insegnare lavorando per un apprendimento nozionistico, che ammaestra attraverso la ripetizione e il rinforzo, invece di avviare al ragionamento. I programmi presentano contenuti troppo impegnativi rispetto all’età e sono cresciuti smisuratamente, in quantità, i concetti da assimilare, orientandosi verso una memorizzazione, temporanea e fine a se stessa, che verrà inevitabilmente presto dimenticata. C’è meno tempo e spazio per soffermarsi sulle basi, che sono quelle da cui poi dipenderà tutta la struttura che i ragazzi metteranno su negli anni.

C’è, a mio avviso, un’ipertrofia di tronco e chioma a fronte di radici ancora poco sviluppate.

 

I docenti sono lasciati soli, accusati dai genitori di fare troppo poco e male. I genitori sono lasciati soli, accusati dai docenti di non aver educato a dovere i figli.

Ma c’è a monte una responsabilità politica, che andrebbe individuata in chi ha creato le premesse che hanno portato le famiglie e gli insegnanti a vivere oggi in una situazione di tale degrado, al fine di creare gruppi di persone sempre più facilmente manipolabili. 

 

Quando i bambini crescono in un terreno in cui la famiglia mette le basi relative al non essere visti e al non vedere gli altri e la Scuola involontariamente le potenzia, invece di stemperarle come potrebbe, diventa inevitabile che ci sia un aumento cospicuo della psicopatia. Nel comportamento psicopatico il soggetto non riesce a sentire l’esperienza dell’Altro, non riesce a mettersi nei suoi panni. Questo tratto è la madre di tutti i comportamenti bullizzanti. 

 

Possiamo davvero continuare a lasciare che la cura delle nuove generazioni, da cui dipenderà il futuro, sia così trascurata?

Non avremo dei Joker, no, ma potremmo avere molti di quelli che nel film erano in piazza a bruciare e distruggere tutto per emularlo.

Infondo, a Genova, durante il G8, un assaggio di tutto questo noi lo abbiamo avuto da vicino.

L’abbiamo già dimenticato?

 

Quale può essere la cura? Come si può fare prevenzione?

Supportando tutto ciò che può ripristinare un dialogo tra coloro che si prendono cura dei bambini, perché è in quella fase della vita che si gettano le basi della salute o del disagio.

Supportando richieste consone all’età e alle sue caratteristiche, che tengano conto non solo della richiesta cognitiva prestazionale, ma anche di cosa si sacrifica se questa è troppo alta per le risorse del bambino: si compromette la capacità di percepire le sensazioni del proprio corpo e di conseguenza la capacità di esprimerle in modo regolato.

 

In modo meno intenso, rispetto allo scenario di Joker: se chiedo troppo ad un bambino lo costringo a reprimere ripetutamente stati emotivi non consentiti (dissenso, rabbia, protesta, eccitazione, vergogna) e a mettere su una maschera. Il bambino impara a reprimere e non a contenere l’emozione.

La differenza è fondamentale per gli effetti sul comportamento.

 

L’impostazione di vita di oggi sia a casa che a scuola privilegia la testa rispetto al corpo, non tenendo conto del fatto che i bambini sono tutto corpo. I processi attentivi hanno nel corpo, una risorsa preziosa, che già solo l’immobilità dello stare seduti per molte ore spegne, portando i ragazzi verso meccanismi dissociativi: imparano a separare la mente dal corpo, perché per sopravvivere in quel contesto è necessario.

 

È quando cominciano ad andare a scuola che i loro corpi perdono l’allineamento, ci avete mai fatto caso?

L’allineamento è indice di radicamento: indica un buon contatto con la realtà e una buona gestione emozionale.

 

La dissociazione tra mente e corpo serve a non sentire il dolore, le conseguenze di questa sono potenti. Quando la pressione della repressione psico-fisica raggiunge la soglia, si sviluppano esplosioni impreviste ed è allora che definiamo i bambini disturbati, iperattivi, impulsivi, senza riflettere sul fatto che forse queste manifestazioni sono un reazione sana alla proposta insalubre di reprimere una vitalità naturale, che avrebbe bisogno di apprendere come essere contenuta, regolata e non soffocata.

 

Ma gli insegnanti non possono fare tutto questo da soli, è un’impresa titanica fosse anche solo per le proporzioni tra numero di alunni e di insegnanti, ma ancor più se teniamo conto dell’aumento esponenziale di questa problematica a livello sociale.

Anche i genitori non possono risolvere da soli il problema, sono anche loro vittime e complici di un sistema che li porta a vivere in condizioni analoghe a quelle dei loro figli.

 

Questa dimensione del non vedere l’Altro che abbiamo davanti e del non sentire neppure se stessi, ha frequenti derive sadiche e non fa che allargarsi nei cerchi di una spirale, dove la sofferenza dell’uno contagia quella dell’Altro.

 

Creare reti in cui le persone si confrontino in modo diretto, recuperando la capacità di parlarsi senza aggredirsi o difendersi è, a mio avviso, l’unica soluzione che possa avere un’efficacia preventiva e curativa insieme di questa spirale, destinata altrimenti ad autoalimentarsi.

Per eludere derive di questa portata, non sarà sufficiente lavorare individualmente con i minori o con i gruppi classe, ma sarà necessario che la ricostruzione della capacità di parlarsi e di “sentire le ragioni dell’Altro” parta dagli adulti che se ne occupano.

 

 

Recensione del film: Joker, consigliata come integrazione del testo.

 

Foto tratta da: https://formiche.net/2019/10/joker-wayn-todd-philips/

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